Abiti usati: dalle speculazioni al cassonetto
Tempi duri per chi vuol far beneficenza: una ragazza ci racconta di essere stata rimproverata dal sacerdote per aver conferito al punto di distribuzione parrocchiale abiti non griffati. Diverse amiche riferiscono di aver ritrovato i propri abiti migliori, addosso ai volontari del Centro di Ascolto o sui banchi del mercato. C’è poi chi ha visto i destinatari dei capi, spargerli sdegnosamente in strada, forse perché non all’ultima moda (o per l’impossibilità di rivenderli).
L’inchiesta del 2017, strombazzata su tutti i media, riguardante la truffa dei cassonetti gialli ha fatto il resto. Sono così sempre di più le persone, partite con le migliori intenzioni, che di fronte a tali speculazioni hanno desistito. E pur sapendo che non tutte le organizzazioni benefiche sono truffaldine, nell’impossibilità di distinguere i buoni dai cattivi, oggi preferiscono che a beneficiare dei loro abiti smessi, siano i cassonetti della spazzatura. Considerando che le discariche già non ce la fanno più, una tale scelta, anche se comprensibile, non sembra proprio indovinata. L’industria del tessile e del suo indotto sono infatti tra i maggiori produttori di CO2 immessa nell’atmosfera. Quindi noi stessi veniamo danneggiati dal nostro atteggiamento rinunciatario.
I danni per l’ambiente
Facciamo qualche considerazione: da una parte la moda accessibile ha reso il ciclo di vita dei capi sempre più breve: nessuno conserva come una reliquia, la maglietta da pochi euro. Moda accessibile significa, nella maggior parte dei casi, tessuti economici derivati dal petrolio e non biodegradabili. Sul fronte opposto, l’altra moda, quella più costosa, utilizza materie prime sempre meno reperibili. Perché allora non cercare di allungare il più possibile il ciclo di vita dei capi e delle fibre? Non saremo noi a spiegarvi che potete disfarvi dei vostri abiti smessi in maniera “redditizia”, vendendoli online o swappandoli (sia online che ai party). Sicuramente ci avrete già pensato ma avete deciso che il risultato non vale lo “sbatti”.
Abiti usati e riciclo: dove portarli in cambio di buoni acquisto
C’è però un modo più semplice per evitare di inquinare e guadagnare anche qualche bonus: partecipare ai programmi di rottamazione delle catene di abbigliamento. Questi programmi non sono certo una novità. Ciononostante abbiamo verificato che sono in tanti a non conoscerli; motivo per cui abbiamo deciso di spenderci due parole.
Diverse catene hanno attivato questi programmi, ma, viste le premesse, ci limiteremo a parlare di quelle che non dichiarano motivazioni filantropiche anche se, per dovere di cronaca, va segnalato che a margine dell’attività di riciclo queste aziende donano una parte dei proventi ad alcune organizzazioni umanitarie. Ci concentreremo sui vantaggi che in primis, riguardano noi stessi.
Il primo grande vantaggio dei programmi di riciclo di cui parliamo è che sono poco schizzinosi. A differenza dei centri di raccolta o dei cassonetti gialli, in cui la richiesta è di abiti nuovi o seminuovi, puliti e in condizioni perfette, qui potete portare veramente di tutto, dall’abito in buono stato che vi ha stancato, alla t-shirt irrimediabilmente macchiata, o al pantalone ormai liso. Del tessile non si butta via niente: gli abiti in buone condizioni rientrano nel mercato come abiti di seconda mano. Quelli inutilizzabili invece, vengono trasformati. In cosa? Nuovi capi, ad esempio. Oppure stracci per le pulizie, pannelli isolanti o assorbenti e altri materiali per l’industria e l’edilizia. L’obiettivo è comune ma ogni marchio ha una propria raccolta con benefits e modalità differenti.
H&M e il progetto “Bring it – Portali da noi”
Cosa portare: capi di abbigliamento di qualsiasi marca in buono stato, ma anche rotti, macchiati o usurati, intimo, calze spaiate, biancheria per la casa e tendaggi.
Bonus: per ogni sacchetto conferito si ha diritto ad un buono acquisto a durata illimitata di 5 € da utilizzare su una spesa minima di 40 €.
La campagna di riciclo “Bring it – Portali da noi” è partita nel 2013 e già, nel 2014 è stata creata la prima collezione realizzata con fibre riciclate. Il 2017 è la volta della capsule collection dal nome significativo “Close the loop” realizzata dal denim riciclato. È composta da tre modelli di jeans, una salopette, una gonna con zip e una giacca, ed è acquistabile solo online.
Permanente è la linea H&M Conscious, realizzata col 20-30% di fibre riciclate e giunta ormai alla settima collezione.
L’obiettivo del marchio è arrivare ad una raccolta di 25.000 tonnellate all’anno da qui al 2020. È importante sapere che solo una parte infinitesimale della raccolta finisce nei termovalorizzatori (di solito quando sono presenti delle contaminazioni nei tessuti). Anche il metallo di cerniere e bottoni viene riutilizzato e perfino la polvere di tessuto che viene compattata e utilizzata per fare cartoni. Tutti gli store del marchio partecipano all’iniziativa.
OVS e il progetto “Ricicla i tuoi abiti usati”
Cosa portare: abiti in qualunque stato e di qualsiasi marca. Non si accettano intimo e calzature.
Bonus: il sacchetto che conferirete deve contenere almeno 2-3 capi (ma possono essere valutati più favorevolmente per il cliente cappotti o capispalla) in cambio dei quali verrà erogato un buono di 5€, valido per 6 mesi da utilizzare su una spesa minima di 40 € non cumulabile con altre promozioni.
Il progetto “OVS ricicla i tuoi abiti usati” è partito nel 2013 in collaborazione con I:Co, operatore mondiale nella selezione e riciclo dei tessuti. Dall’inizio del programma OVS ha evitato che 600 tonnellate di abiti finissero in discarica. Anche in questo caso i capi ancora utilizzabili vengono immessi nel circuito degli abiti di seconda mano. Quelli non recuperabili sono trasformati in altri prodotti come strofinacci per le pulizie, oppure scomposti per recuperarne le fibre tessili e utilizzarli come materia prima per la creazione di nuovi abiti. Nell’ultima stagione autunno-inverno, per fare un esempio, il brand ha impiegato 22 tonnellate di cotone riciclato, nella produzione di jeans. Il materiale non riciclabile in alcun modo, andrà ad alimentare i termovalorizzatori. Va specificato che non tutti i punti vendita partecipano all’iniziativa, quindi meglio informarsi su quali negozi lo fanno, prima di uscire inutilmente cariche di borse.
Iniziative di Intimissimi
Cosa portare: biancheria intima da uomo o donna di qualsiasi marca, ma anche t-shirt, camicie, maglioni, pigiameria.
Bonus: L’iniziativa è riservata ai titolari di “My Intimissimi Card” che può essere sottoscritta anche in negozio al momento della consegna dei capi. Ogni 5 articoli rottamati, riceverete un voucher via SMS/ email da utilizzare su una spesa minima di 25€ di articoli a prezzo pieno entro il 30 giugno 2018. I buoni sono cumulabili ma non possono superare il 20% dell’importo dei capi non in promozione. Le fibre tessili recuperate verranno usate per produrre nuovi capi oppure pannelli isolanti.
Nessun problema per la privacy del cliente
Abiti lisi o biancheria intima, non sono articoli che vorremmo che la commessa esaminasse guardandoci in faccia. Abbiamo voluto verificare personalmente come si svolge l’operazione (abbiamo svuotato l’armadio per voi – poi dite che non vi vogliamo bene!) e possiamo assicurare che la privacy viene rispettata. Da H&M la busta chiusa viene introdotta personalmente dal cliente nell’apposito contenitore. Da OVS il sacchetto si consegna al personale che provvede in seguito a inserirlo nel contenitore. Nel nostro caso la commessa lo ha aperto ma solamente per verificare il numero di articoli all’interno. Da Intimissimi potete decidere se lasciare che sia lo staff a controllare il contenuto, oppure optare per introdurre personalmente i capi, uno alla volta, nel cassonetto, in presenza del personale che si limiterà a contarli mentre li inserite.
Cui prodest?
La risposta, a chi non crede alla Befana e si chiede cosa i grandi marchi guadagnino da questa operazione, è semplice: intanto un ritorno positivo in termini di immagine, i cui trend puntano sempre di più verso l’eco-sostenibilità e la responsabilità sociale. In secondo luogo la fidelizzazione della clientela attraverso l’utilizzo dei bonus ricevuti. Infine la possibilità di acquisire, anche al netto dei trattamenti, materie prime a costo ridotto da riutilizzare nella fabbricazione dei capi. Quello che guadagniamo noi è invece la possibilità di ridurre i cumuli di spazzatura, e attraverso l’ottimizzazione delle risorse naturali, diminuire il livello di CO2 nell’atmosfera, oltre ad un risparmio medio sullo shopping del 10-15%. Non è molto ma di questi tempi può far comodo.