
Il Berimbau, che prende il nome dallo strumento principale della capoeira, è la prima churrascaria nata all’ombra della Madonnina già dieci anni fa, al centro della movida ethno-chic di Via Marghera. È qui che i milanesi stanziali hanno conosciuto il churrasco rodizio, carni scelte tra i tagli più pregiati, dalla chuleta (controfiletto) alle puntine di vitello, marinate, arrostite da allegri pasadores che le portano in tavola infilate su lunghe spade, e i commensali possono scegliere il pezzo (e la quantità) che preferiscono. Le carni sono accompagnate, secondo tradizione, da contorni come la batata, la feijoada (zuppa di fagioli neri), la banana fritta, il pao de queijo (pane al formaggio). A chiudere il catwalk, l’immancabile ananas allo spiedo.
Dal churrasco al sushi-samba: il nuovo menù fusion
Dieci anni e parecchie churrascarie meneghine dopo, il Berimbau torna ora a far da apripista alle nuove tendenze culinarie, con un restyling importante non solo del look ma anche del menù.
La nuova proposta del Berimbau fonde la più sobria cucina del Sol Levante coi caldi sapori, profumi e colori dei tropici, offrendo una versione del sushi rivisitata sotto il sole del Brasile. Proprio in questo Paese vive la più grande comunità nipponica mondiale (Giappone a parte ovviamente). Non una fusion improvvisata, quindi, all’insegna del “fàmolo strano”, ma l’apertura ad una tradizione che nel Paese di origine data oltre un secolo.
A costo di sembrare impopolari diciamolo: ci voleva proprio! Perché sia pure al netto dei misteri dolorosi degli immancabili “all you can eat”, anche quando parliamo di alta qualità, il sushi tradizionale oramai non offre più molti spunti di stupore. Il Berimbau ci dimostra invece che un altro sushi è possibile, con accostamenti assolutamente inusuali dal sapore delizioso: uramaki tropical di tonno con mango e avocado, uramaki picanha con tartare di controfiletto e salsa di yogurt alla senape, baccalà in tempura con avocado, tobiko, teriyaki e maionese.
L’idillio tra la cultura nipponica e quella carioca non è però improntato alla monogamia: a volte el sabor latino si concede un ménage à trois fondendosi contemporaneamente con i sapori del Sol Levante e quelli dello Stivale, come nel caso della tartare di gamberi che profuma di lime, adagiata su teste di porcini.
Quando si fa sedurre dalle bollicine, sceglie quelle francesi degli champagne Marguerite Guyot. Ma se si parla di dolcezza (e dessert) è l’Italia, e lei sola, ad abbracciare i frutti del sole con le pregiate creazioni di Nicolò Moschella che mixa armoniosamente i frutti esotici con gli ingredienti della nostra tradizione come i pistacchi di Bronte. Un piacere per gli occhi e per il palato, i capolavori del giovane Chef pasticcere, appena ventitreenne, conteso a suon di stelle dai ristoranti più cool del momento. Non sono da meno le presentazioni dell’altro giovanissimo di casa Berimbau, il sushi-man, artefice di piatti altamente scenografici e colorati.
Il nuovo look
E per non farci mancare i colori del sole, il restyling curato dallo Studio FMD*sign, ci colpisce subito con le tele ad acrilico dell’artista contemporaneo Paolo Battistutta, raffigurazione di scene di vita, fauna e vegetazione brasiliana. Ma un’occhiata più approfondita al design interno ci permette di apprezzare altri particolari che richiamano alla vita carioca: le boiserie e i parati francesi a soggetto tropicale che rimandano allo stile coloniale, la lampada sospesa anni ’60 a forma di berimbau, il cui riferimento al periodo d’oro della Bossa Nova è evidente. Il tutto inserito in un contesto di base essenziale e pulito che fa risaltare ancora di più questi particolari.
Il Berimbau è a Milano in Via Marghera, 43.