

Foto © El Deseo – by Manolo Pavón
Sono due dei film simbolo del Festival di Cannes 2019, quelli di cui in Italia si sta parlando di più, e potete già vederli al cinema: si tratta di Dolor y Gloria di Pedro Almódovar e Il Traditore di Marco Bellocchio. Due storie diametralmente opposte ma magistralmente realizzate.
In Dolor y Gloria, Almodóvar racconta la sua vita attraverso i dolori di Salvador Mallo, il regista interpretato da Antonio Banderas, mai così bravo e premiato a Cannes con il premio per la miglior interpretazione maschile. In Dolor y Gloria si raccontano tutti i suoi dolori, cronici, intimi che non l’hanno mai abbandonato. Il film è anche una scusa per riguardare il suo passato: quando bambino collezionava figurine delle star di Hollywood, mentre la madre faceva di tutto per dargli una vita degna in un Sud della Spagna poverissimo.
Avanti con gli anni, Salvador riesce a rivivere il suo passato grazie all’eroina spacciatagli da un attore che aveva recitato nel suo ultimo successo al botteghino. Sarà lui a interpretare un suo testo dedicato al più grande amore della sua vita, perso per via della droga. Un racconto intimo del dolore e della gioia che il cinema gli ha regalato durante la sua vita, una vita fatta di cinema e dedicata alla settima arte. Un capolavoro rappresentato nella tavolozza dei suoi colori e con gli stilemi del suo cinema.
Il Traditore di Marco Bellocchio era l’unico italiano in concorso a Cannes, il regista quasi 80enne ha firmato un film dedicato a Tommaso Buscetta, il pentito della mafia più celebre. Il film lo segue dagli anni 80 fino a qualche ora prima della sua morte e può contare sull’interpretazione eccezionale di Pierfrancesco Favino che si divide in tre “lingue”: brasiliano, dialetto palermitano stretto e italiano.
Il film si apre con una festa e un ballo che ricorda quella de Il Gattopardo e alla festa di Santa Rosalia viene scattata una foto dove si riconoscono molti dei volti e dei nomi che scrissero la storia di Cosa Nostra negli anni avvenire. Buscetta torna in Brasile dall’amata terza moglie, prima di essere rimpatriato e diventare un collaboratore di giustizia.
Spiega al giudice Giovanni Falcone, il funzionamento della cupola e come la mafia si è evoluta negli ultimi 30 in cui ne ha fatto parte. Ci sono anche alcune scene mitiche che raccontano – come solo nei film di Bellocchio – la storia del nostro Paese: Buscetta che si fa realizzare un vestito su misura per il maxi-processo mentre qualche stanza più in là c’è Giulio Andreotti che fugge in mutande dalla “connivenza” di camerino con il pentito. C’è anche un gruppo di mafiosi, conosciuti, temuti che dietro le gabbie insultano nei peggiori modi Buscetta perché è diventato un traditore, il traditore.
C’è anche uno spettacolare Luigi Lo Cascio, nei panni dell’altro pentito, Salvatore Contorno, una parte divina interamente recitata in dialetto palermitano stretto. Ci sono anche Totò Riina, Pippo Calò e altri boss mafiosi, dietro le gabbie, al banco degli imputati o al 41 bis dove ascoltano in loop le parole mai dimenticate di Rosaria Schifani, la vedova dell’agente della scossa Vito: “Io vi perdono, ma dovete mettervi in ginocchio”.
L’attentato a Giovanni Falcone è una delle scene più dure da vedere del film, con gli sputi alla TV e lo champagne bevuto da una piccola parte d’Italia, ma profondamente marcia e raccontata divinamente da Marco Bellocchio.