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Mystery customer: chi è e che cosa fa il cliente in incognito? Ce lo dicono gli esperti

Mystery Customer, Client e Guest - Che cosa fa

Un mestiere particolare raccontato da chi lo fa.

Mystery Customer, Client e Guest - Che cosa fa

Mystery customer: già la definizione, da sola, evoca scenari notturni, avvolti dalla nebbia, con valigette piene di banconote che cambiano di mano. Se poi, a mo’ di chiarimento, aggiungiamo che il mystery customer è colui che fa visite audit in incognito, la nebbia, anziché diradarsi si infittisce. Per lo meno quella che avvolge la reale attività di questo individuo, che, in definitiva, non fa niente di così avventuroso né tantomeno al limite della legalità. Potremmo dire, semplificando, che il mystery customer, un po’ detective, un po’ regista e un po’ attore, testa per noi la qualità di negozi, ristoranti, mezzi di trasporto e innumerevoli altre attività per migliorarne la qualità.
Dopo avere appreso dell’esistenza di una simile professione, sono tanti quelli che vogliono diventare mystery customer. Senza voler frenare i facili entusiasmi, è necessario chiarire che, se da un lato la complessità di alcune visite non la rendono un’attività accessibile a tutti, accanto alle luci apparenti, ci sono una serie di ombre che vedremo in dettaglio.

La Bond girl e la boss dei “Servizi”

Ha da poco appeso trench e occhiali scuri al chiodo, per dedicarsi a tempo pieno alla musica indie, ma Micaela Battista, oggi in arte Silversnake Michelle, è la regina delle visite audit in incognito. Inizia come mystery customer, il suo talento la porta presto a diventare coordinatrice, fino a quando il richiamo della “vita da spia” non diventa così forte da farla decidere a tornare in prima linea.
Monica Ratto è invece una dei soci di MysteryMan®, società bolognese che dal 2003, offre un servizio di visite audit in incognito di qualità.
Chi meglio delle nostre due amiche può raccontarci la professione, offrendoci, in questa narrazione a due voci, una visione dalla prima linea e dalla stanza dei bottoni?

L’identikit del perfetto mystery customer

Lasciamo che Monica ci spieghi perché, per seducente che sia questo lavoro, non è alla portata di tutti: “Alcuni, prima di conoscerlo, hanno la percezione che il mystery shopping sia un’attività con una forte componente ludica e lo vivono come un ‘passatempo retribuito’, in realtà è un lavoro a tutti gli effetti, che richiede la giusta professionalità. Quando il mystery shopping è inserito in progetti qualitativi incentrati sul miglioramento della customer experience, diventa un’attività con un suo ‘peso’ e che necessita di capacità personali e professionali non banali: attenzione ai dettagli, capacità di osservazione, capacità di astrarsi e di essere oggettivi nella valutazione…. non richiede necessariamente competenze ‘tecniche’, ma sicuramente una certa predisposizione e molta ‘passione’ per quello che si fa”.

Micaela aggiunge: “Oltre a grandi capacità di osservazione, e almeno un’infarinatura di marketing e problematiche di immagine, un bravo mystery customer deve avere grandi doti di improvvisazione, perché non sa mai in quale situazione si troverà. Deve essere uno ‘sceneggiatore’, per poter creare scenari complessi nella loro normalità e gestire con coerenza le interazioni più difficili, senza fornire all’interlocutore informazioni contrastanti. Deve essere un bravo attore per essere credibile e naturale. Non si tratta di recitare Shakespeare, anzi… la grande capacità del mystery è proprio quella di rompere (spesso) le scatole al personale creando anche situazioni di stress, riuscendo allo stesso tempo a non farsi notare o a farsi dimenticare rapidamente. Avere studiato recitazione mi ha aiutato a calarmi nel consumatore che rappresento in quel momento, ma non è tutto. Prima di impersonarlo, quel consumatore, lo devo costruire, gli devo cucire addosso una famiglia, un lavoro, uno stile di vita il più possibile coerente, per non farmi cogliere in contraddizione dalle domande del mio interlocutore. Mi devo vestire adeguatamente a seconda del brand che andrò a visitare. Devo, insomma, centrare l’attenzione su tanti dettagli, non solo durante la visita, ma anche prima”.

Ci sembra però di capire, però, che non tutti i mystery siano così complessi. “No, infatti alcune società utilizzano questo metodo per attività ripetitive e standardizzate di rilevazione di elementi semplici e legati ad aspetti strutturali e materiali”. Si tratta, per lo più, di visite nella ristorazione veloce, GDO, cinema o altri esercizi, di cui bisogna rilevare solo la pulizia e l’ordine, l’esposizione di determinati prodotti o materiale, oppure la velocità del servizio: “Sono visite facili, che richiedono solo attenzione e spirito di osservazione, ma per un mystery ‘professionista’ non sono così appetibili o divertenti. Tra l’altro rendono spesso solo pochi euro, quando non il semplice rimborso dell’acquisto o di una parte di questo. Vanno bene per studenti in cerca di argent de poche o che vogliano andare al fast food o al cinema gratis, ma non per chi lo fa come un vero lavoro”.

Settori di… spionaggio

“In dieci anni di ‘carriera’ ho fatto veramente di tutto: sono stata una moglie e madre a caccia di mutui, prestiti, assicurazioni, una ricca cliente di profumerie, boutique, gioiellerie, perfino di rivenditori di auto di lusso, ho visitato cliniche dentali, ristoranti, autonoleggi, chiamato call center di aziende energetiche o fatto la cliente insoddisfatta utilizzando l’assistenza clienti online di grandi marchi. Ho perfino simulato raffreddore e caduta capelli per testare i servizi delle farmacie. Ho messo alla prova promoter e hostess agli eventi. Sono così tante le situazioni in cui ho lavorato che ne ho perso il conto”.

Mystery Guest come in Viaggio sola - Come si fa

Margherita Buy protagonista di “Viaggio sola” di Maria Sole Tognazzi

Micaela non ha parlato però di un settore che le nostre lettrici (o almeno quelle che hanno visto il film Viaggio sola) sicuramente si aspettavano: quello degli hotel. Tante vorrebbero emulare le gesta di Irene, e si stanno chiedendo se esista veramente un lavoro così. Troppo bello per essere vero? Abbiamo due notizie: una buona e una cattiva. La buona è che questo lavoro esiste. La cattiva, lasciamo che sia Monica a darvela: “Noi (MysteryMan®, ndr) abbiamo sviluppato alcuni progetti interessanti anche nel settore alberghiero. Chiaramente, dato che le grandi catene sono il target principale, il settore è abbastanza di nicchia. Se il lavoro di mystery client suscita curiosità, si può immaginare il mystery guest…. Tutti iniziano a sognare di vacanze gratis in località esclusive, in strutture 5 stelle… La realtà è che si tratta di incarichi molto impegnativi: un questionario hotel va dalle 300 domande (per le strutture più semplici) alle oltre 500 domande (per i resort completi di tutti i servizi – SPA, spiaggia, attività sportive…). Sono incarichi anche molto delicati, perché mentre se una visita retail va male, si può far ripetere senza grossi problemi, una visita in un hotel in cui si occupa una stanza e il committente rimborsa spese di soggiorno anche di diverse migliaia di Euro, come si può ben immaginare DEVE essere portata a termine in modo impeccabile. È per questo che noi selezioniamo per questi incarichi solo i mystery che hanno ranking elevati e un’affidabilità al 100% dimostrata sul campo in altri settori”.

Chi sognava di lavorare in questo ambito, purtroppo, dovrà aspettare di aver accumulato la giusta esperienza e quotazioni a prova di bomba prima di buttarsi.

Il mystery customer dalla A alla Zeta

A quelle di voi che non si fossero ancora scoraggiate a questo punto della lettura, convinte di avere lo spionaggio nel sangue, le nostre due amiche sono pronte a dare alcune dritte su come cominciare, come operare e come evitare di prendere delle “sole”.

“Quando mi sono trasferita a Milano cercavo un lavoro che mi lasciasse del tempo libero per dedicarmi alla musica. Mi sono imbattuta in un annuncio in cui cercavano un mystery shopper. Mi ha incuriosita moltissimo. Mi immaginavo di essere una 007 con mille identità diverse… e (non avendone io una precisa) la cosa mi attraeva non poco. Oltretutto venivo da esperienze di recitazione e ho capito subito che quell’annuncio era lì per me. Da quel momento, un po’ con la ricerca, un po’ col passaparola, perché ho avuto da subito un buon ranking, le occasioni si sono moltiplicate. Per chi volesse buttarsi, consiglio di fare una ricerca con le parole chiave per trovare le società che offrono questo servizio, non solo nella vostra città (il grosso dell’attività ormai è quasi sempre online), ma in tutta Italia e anche all’estero se parlate abbastanza bene inglese da poter compilare dei report in questa lingua. Fate attenzione però: il grosso handicap del lavoro, in questo caso, è che non verrete molto spesso in contatto con il vostro committente se non via mail. Potrebbe trattarsi di chiunque. Negli ultimi anni le società poco serie, quelle che aprono e chiudono i battenti nel giro di poco, si sprecano, e rischiate di non venir pagate. Cercate almeno di limitare i danni: innanzitutto, finché non conoscete bene la società e la sua affidabilità, evitate visite con acquisti, soprattutto di una certa entità (a me è capitato anche di comprare creme da 200€). Male che vada nessuno vi pagherà per il tempo speso, ma non ci avrete rimesso di tasca vostra. Poi andate sui forum per cercare le opinioni su quelle società. Altra cosa: guardate la portata dell’annuncio. Quelli troppo generici puzzano un po’, come pure quelli che ti presentano il lavoro come l’Eldorado. Meglio evitarli”.

Micaela e Monica ci illustrano da due angolazioni diverse l’intero iter della visita misteriosa, per far meglio capire alle aspiranti mystery come muoversi in maniera ottimale evitando di farsi identificare:

“Le visite vengono assegnate direttamente, se un coordinatore ha fiducia in un determinato mystery, o cerca un particolare profilo, oppure possono essere richieste tra quelle proposte per la nostra zona, dal job board del sito della società, aspettando che ci vengano assegnate. A questo punto verrà mandato il briefing, indicante il cliente che dobbiamo impersonare e le sue esigenze, oltre alle indicazioni degli aspetti fondamentali da rilevare. Cerchiamo di far memoria di tutto perché non possiamo ripresentarci dallo stesso operatore con dei ripensamenti. Una volta terminata la visita, compileremo un questionario in cui, oltre a delle valutazioni ‘chiuse’ dovremo circostanziare in maniera dettagliata le risposte fornite”.

“I report vengono revisionati da un coordinatore di progetto, che chiede chiarimenti, correzioni e integrazioni qualora riscontri contraddizioni o valutazioni non adeguatamente motivate. Terminata questa fase, vengono resi accessibili al cliente singolarmente (questo avviene in tempi molto rapidi) poi il capo progetto analizza i dati globali ed elabora un report di sintesi per il committente, il quale poi condivide i risultati globali e singoli con i diretti interessati. Il tempo medio che intercorre tra la visita e l’arrivo del report sulla scrivania del singolo Store Manager è invece più lungo, anche di 1-2 mesi”.

Saranno sufficienti a far dimenticare al commesso la nostra faccia e le nostre richieste? Speriamo, ma più “invisibili” si è, meglio è. Questo non significa limitarsi a richieste banali, ma evitare il più possibile di metterci in evidenza.

Riprendiamo il discorso delle società poco serie, che a quanto pare, ultimamente abbondano. Il problema della scarsa serietà, si limita al rischio di non venir pagati? Non secondo Monica: “Ci sono società che fanno qualità solo a parole, ossia che dicono di fare progetti qualitativi, ‘taylor made’ e poi magari non li realizzano neanche direttamente ma subappaltano a società esterne, perdendo quindi ogni controllo sul lavoro sul campo e di fatto sulla qualità dei risultati…. Anzi proprio questo modo di lavorare si basa su un disallineamento tra aspettative del cliente e risultati”.
Secondo la Bond girl “le società serie sono sempre meno, a me personalmente piace lavorare con quelle dove i referenti con cui mi relaziono hanno un nome e cognome, li conosco personalmente e costruiscono con i loro collaboratori un rapporto lavorativo e umano concreto. Non sempre ‘grande’ è sinonimo di ‘serio’, anzi nella mia esperienza spesso le piccole società specializzate sono quelle che riescono a realizzare i progetti più seriamente qualitativi Il grosso problema dei subappalti è come nel gioco del telefono senza fili, in cui le informazioni arrivano distorte o incomplete all’anello finale della catena (in questo caso al mystery). Ci sono poi tante società che lavorano in modo del tutto improvvisato, sbagliano a costruire gli scenari, a coordinare le visite. Tocca poi al mystery togliere le castagne dal fuoco. Quelli bravi e con molta esperienza riescono a cavarsela. Quelli più in erba capita che vengano scoperti, o non rilevano aspetti essenziali all’indagine perché nessuno si è ricordato di precisarli. Se lavoro con la società scelta dal cliente, questi problemi si risolvono più facilmente perché ho la possibilità di comunicare”.

Accanto alle società poco serie, però, ci sono anche mystery poco seri: “Alcuni colleghi si presentano nei punti vendita per cinque minuti, il tempo di fare la foto, riducendo l’interazione al minimo sindacale anziché procedere secondo le direttive. Capisco che la tentazione di barare ci sia: con la diffusione di internet la concorrenza è aumentata e alcune società offrono compensi lesivi della dignità umana e professionale. Ma se vi sentite sottopagati basta rifiutare l’incarico, anziché accettarlo lavorando poi in questo modo. Significa screditare tutto il settore, compresi i mystery che lavorano bene “.

A sentire Monica, le bugie hanno comunque le gambe corte: “Le società che fanno mystery hanno diversi metodi per identificare le visite false o non condotte con il giusto approfondimento. Oltre a foto del punto vendita, eventuale scontrino, geolocalizzazione, quasi sempre nei questionari sono nascoste delle domande civetta o domande incrociate. Quando poi viene richiesto un certo livello di dettaglio nelle note, diventa più complicato e lungo inventarsi dei dettagli credibili, piuttosto che rilevarli veramente… perché allora rischiare di perdere l’incarico presente e i futuri (oltre alla figuraccia)?”

Dinia Battellini
Più intelligente che intellettuale, più femmina che femminista, vivo secondo la massima agostiniana "Ama e fa' ciò che vuoi". Quando scrivo, invece, mi ispiro a un altro precetto che interpreto in maniera estensiva: "Leave no stone unturned". Ecco spiegata la lunghezza stratosferica dei miei post. Lo so, lo so... Vogliatemi bene comunque.

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