
Arriva in sala Detective Pikachu, il film ispirato al mondo dei Pokémon e uno dei titoli più attesi dell’anno. In sala vi aspettano anche due interessanti titoli d’essai Tutti pazzi a Tel Aviv e I figli del fiume giallo.
Il Pokémon più amato diventa un detective con in testa un copricapo omaggio a Sherlock Holmes e… riesce a parlare! Tim Goodman arriva a Ryme City perché il padre, il detective Goodman, è morto. Tim, inoltre, non riesce a trovare un Pokémon finché non trova il Pokémon per eccellenza Pikachu. Dimenticate il dolce Pokémon giallo con le rossette, Pikachu adora bere caffè e dice tante parolacce. Qualcosa sta succedendo a Ryme City (che ricorda un po’ la Los Angeles di Blade Runner) e per scoprirlo Tim unirà le sue forze con la giornalista Lucy.
Detective Pikachu è più di un film ispirato al videogame (omonimo) e riesce a creare un mondo in cui i Pokémon co-esistono con gli umani in cui è perfettamente normale imbattersi in un Jigglypuff ed è qui il punto negativo del film: è quasi impossibile appassionarsi alla storia se non si è esperti in materia Pokémon.
Può un film con la fotografia di Duccio Patanè, il direttore alla fotografia strafatto di Boris, essere in concorso e incantare una sezione del Festival di Venezia? La risposta è sì e il film è lo splendido Tutti pazzi a Tel Aviv, premiato a Orizzonti a Venezia 75 con il premio per il miglior attore a Kais Nashif.
Salam è un palestinese e lavora a Gerusalemme sul set della soap opera più amata: Tel Aviv Brucia (Tel Aviv On Fire), girata e prodotta a Ramallah e ambientata nel 1967. Per andare al lavoro, ogni giorno Salam deve passare un posto di blocco israeliano e s’imbatte nel militare Assi la cui moglie è una fan sfegatata della soap opera. Il set di Tel Aviv Brucia ricorda moltissimo quello di Boris: un’attrice bella che non sa recitare, produttori e tutti pronti a essere corrotti e una fotografia fintissima tipica da telenovela.
Grazie al geniale film si ride e si sorride del conflitto arabo-palestinese in uno dei film più interessanti e migliori dell’anno: “Il format della soap opera mi permette di esplorare situazioni che non avrei mai potuto affrontare al cinema. Per esempio, nella scena di apertura del film, che considero politica, i personaggi palestinesi della soap rivelano il loro punto di vista sulla guerra arabo-palestinese del 1967. Parlano delle loro speranze, della Storia e della paura per l’occupazione israealiana di Gerusalemme. Ne parlano sinceramente, senza filtri, ma visto che la scena si svolge in una soap opera, la prospettiva cambia”.
In I figli del fiume giallo, la protagonista Qiao è una ballerina innamorata di un gangster Bin. Per difenderlo, Qiao, spara durante un combattimento e si ritrova a passare cinque anni di carcere. Una volta uscita in una Cina con l’aria distrutta dalle polvere sottili e dove i minatori stanno perdendo il lavoro, Qiao farà di tutto per ritrovare Bin e riprendere la sua vita con lui. Il film di Jia Zhangke arriva al cinema ed è una delicata storia d’amore del regista premiato per Still Life e Al Di Là delle Montagne.