
In Italia nel 2018 ben 69 donne sono state uccise e addirittura 7 milioni sono quelle che hanno subito maltrattamenti o sono state violentate. Dal 2000 a oggi ne sono morte in totale 3.100. In pratica, è un bollettino di guerra. Nonostante le campagne di sensibilizzazione e nonostante molte donne oggi siano decisamente più forti e indipendenti rispetto alle loro nonne o anche rispetto alle loro madri, purtroppo la violenza di genere continua a fare vittime.
Un problema molto grave è che nel nostro Paese non sappiamo raccontare la violenza di genere e, spesso, anche le stesse donne usano espressioni sbagliate e luoghi comuni che non fanno che “normalizzare” il fenomeno e che non rispettano le vittime. A volte quasi si fa passare per vittima lo stesso aggressore.
Se ne è parlato a Firenze nell’ambito del progetto “Stop alla violenza di genere. Formare per fermare”, che è stato promosso dal Gruppo Menarini e accreditato dall’Ordine dei Giornalisti della Toscana. È stato fatto notare, in particolare, come certe espressioni vadano assolutamente evitate quando si fa la cronaca di una violenza di genere. In particolare, è assolutamente sbagliato usare espressioni come “amore malato”, “raptus”, “se l’è cercata”, “era un bravo ragazzo, un buon padre”, “follia”, “perché lei non lo ha lasciato?” o “lei lo tradiva”.
Ed è altrettanto sbagliato fornire informazioni su cosa indossava la vittima al momento della violenza o indugiare su particolari raccapriccianti, cosa che, invece, viene fatto puntualmente, basti pensare al caso della giovane Desirée Mariottini, le cui ultime ore sono state “spulciate” fin nei minimi dettagli.
Inoltre, un altro errore che viene fatto spesso in Italia, come fa notare Alessandra Kustermann, direttore dell’Uoc del pronto soccorso Ostetrico-ginecologico e del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica del Policlinico di Milano, è di sottolineare l’etnia dell’aggressore, per spostare l’attenzione sulla diversità invece che sull’omogeneità dei comportamenti.
Purtroppo al violenza contro le donne è trasversale, riguarda tutte le culture, tutte le classi sociali e non ci sono differenze né per le etnie, né per le religioni. In Italia la maggior parte degli aggressori sono italiani, quindi è inutile puntare il dito sugli stranieri, così come in Francia saranno francesi, in America americani e così via.
Il più grande errore che si possa fare è spostare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla vittima, quando l’unico colpevole è l’aggressore. E non bisogna mai indugiare sui dettagli dell’aggressione, perché non si fa altro che farle rivivere la violenza un’altra volta.
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